domenica 19 novembre 2006

Una maionese di idiosincrasie.

Sarà che sono nato all'ospedale, con il rumore bianco dei macchinari di sottofondo, un ron-roon-rooon e ari-trafila di ron vari, ma io non sopporto chi russa; e con sopporto siamo già nel campo dell'eufemismo osé. E' per questo, capisco a mente fredda, che odio la mia famiglia, tutta quanta.
Siccome tendo a documentarmi, è venuto fuori che i macchinari che fanno ron sono stati introdotti nel 1978; prima, e dal 1965, facevano arf-arf. Tutto torna: per sperimentare gli inconvenienti dell'assenza di gravità nello spazio e della rarefazione atmosferica della luna, gli scienziati cattivi hanno sacrificato Laika; mio fratello non ha praticamente mai portato fuori Yoda.
Prima ancora, ed esattamente dal 1944, facevano bzz-bzzz. Tutto torna: William Golding scrive nel 1954 il suo pamphlet (Il signore delle mosche) intriso di sfiducia e astio nei confronti degli insetti ditteri; mio babbo ha la fobia delle zanzare. Mia mamma, per giunta, preferisce la ghiacchiaia di una volta al freezer.
Io appartengo alla generazione ron e ora apro un inciso fuori luogo: a me fa schifo la musica italiana. Tutta quanta, tranne quello che canta Vorrei incontrarti tra cent'anni; un altro passo, lui.
Mi repelle tanto chi russa e, di conseguenza, mi fa così paura la possibilità che io stesso russi che la notte, prima di coricarmi, eseguo una pratica rudimentale ma di comprovata efficacia: inalo un bel fiatone, tanto da contare fino a trentatre, e poi smetto di respirare. Lo spegnimento dei polmoni ne evita anche il surriscaldamento, peraltro, e la mattina dopo, sicuro di non avere russato, mi sveglio sempre felice; sempre, tranne quando vedo mio babbo praticare, solo soletto, un double anal a mia mamma ancora insonnolita: lì, ma è più l'eccezione che la regola, mi salta la mosca al naso, ma poi il risultato è che mio babbo si stizza ancora di più e, di solito, va poi per il triple.

E sì, non c'è niente di meglio che svegliarsi con l'oro in bocca, al mattino: a quel punto, a pranzo, oserei addirittura un'insalata russa.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Grandioso.
Apparentemente rassicurante e naif, ma con tutto il fastidio del mondo che t'arriva fra il capo e il collo verso la fine, con la storiaccia del tu babbo e del doppio anale. E poi la battuta finale dell'insalata russa, che è una di quelle per cui - te conosco - arrivi a farti i complimenti da solo e inserirla nel curriculum. E ti senti un po' Schultz.

Anonimo ha detto...

Insalata russa ci sei te, ce l'hai nel capo, Fontinaboy.
Scherzi a parte, sto cercando [invano?] un filo nel tuo scritto. E nei tuoi scritti. C'è, lo so. A me mi pare tutto un amarcord, anche quando parli al presente. E però è confezionato tutto a insalata russa, e chissà quando ti prendi in giro te e quanto ci prendi in giro a noi.
Voglio proprio vedere dove vuoi arrivare.

Anonimo ha detto...

minchia! Fontinaboy che si sveglia la mattina e fa quelle cose con la su'mamma non me lo sarei mai aspettato!

Anonimo ha detto...

concordo nella profonda insofferenza e fastidio verso chi russa, più o meno rumorosamente, e trovo la tua teoria affascinante... anche se forse sir golding aveva più di 10 anni quando scrisse il signore delle mosche.. :)

Anonimo ha detto...

Mi piace come scrivi. Molto americano, molto postmoderno, ma anche poetico e dialettale. Bravo. squilibristicamente
equilibroso: sembra lo slogan d'un liquore.
AndreA