domenica 25 aprile 2010

Verso sera














Vorrei
provare
quella calma
ricca
di tranquillità
trovarti
tornando
a casa
verso sera.

Vorrei
potermi

poterti
dire
tu apparecchi
io cucino
amore?
al ritmo di
una luce
tremolante
che intanto
non è il buio
quando è sera.

Vorrei, potrei, mi piacerebbe
verso sera
la comodità
gioca in casa
un divano ampio
la seduta retta
vieni qui da me?
accoglie.
Probabilmente sarei perfetto.
È che non voglio.

Dove metto
le ombre

le nebbie
i morti
li ho dentro
mi parlano
ne sanno
una più del diavolo
figuriamoci dei vivi.

Cosa faccio
di questa bava
sottile
di lumaca, ultracorpo
ultrapensiero
infatti ci vede oltre
infatti tu rispondi
e ti vede là
come se fossi qui
quando ti scrivo
verso sera
e forse è anche più tardi.

Ecco oggi
torno a casa
verso sera
le famiglie
nel supermercato
i marinai sono scimmie
sulle vele
del porto dirimpetto.

Mi fermo
vedo me dipartire
l’uno qua
l’altro là.
Mi fermo
e ti penso,
non sarai un’àncora
ma una boa sì.

sabato 3 aprile 2010

La frutta fa bene











Nel gennaio del 1985 ero ancora di molto monello, ovvero:
1) se mi scappava mentre stavo giocando la trattenevo finché non dicevo stronzate;
2) se mi scappava mentre stavo giocando la trattenevo finché, invece che scappare, poi la birichina la dovevo stanare io;
3) nel dicembre 1984 avevo smesso di credere a Babbo Natale perché avevo scoperto che era il mi' babbo travestito e poi, per par condicio, alla Befana, anche se non avevo ancora scoperto che era il mi' pizzicagnolo Carlotta en travesti;
4) piuttosto che lavarmi i denti mi nascondevo sulla Luna. Non avete idea di com'è simpatica e solare, la Luna;
5) piuttosto che mangiare la frutta e la verdura mangiavo la chianina a 40 euro al chilo e una tartare di branzino;
6) ascoltavo Rachmaninov al mattino e lo correggevo alla sera.
Tutto questo popò di inferno non poteva continuare a lungo e, dopo tanto arrovellarsi, nel febbraio del 1985 i miei genitori si trovarono tutti e cinque d'accordo per una risoluzione drastica: 'Tu ora la frutta la mangi, figlio di troia!' Fui talmente rapito dall'ardito convolvere delle loro argomentazioni che mi decisi a dar loro retta: 'Passi per la frutta, troiai che non siete altro, ma la verdura ve la mettete nel culo!'. E non sto qui a dirvi come s'incastravano ravensburgerianamente quei ciuffetti odorosi di sedano alle loro mele tutto sommato ancora giovani e ardimentose. E fu così che, molto lentamente, nel marzo del 1985, al mattino con Rach3 intavolavo già filosofici cippirmerli sulla bellezza e la necessità di due specie in particolare, altro che tuttifrutti: il cocomero e il fico. Del cocomero entrambi apprezzavamo il fatto che a marzo ancora non lo avremmo mai potuto conoscere e quindi non ne parlammo più, anche perché tutto, pure il cocomero, scompariva di fronte al nostro favorito: il fico, e chiaramente intendo il fico di specie mulingiana. Bello come il sole e coriaceo, traslucido e d'un nero perlaceo, scuro di peli, l'esterno. Eppure, quando la conformazione del succulento frutto, così tipica e così simile a quella del topino che c'aveva (c'avrà ancora, immagino) la mamma in mezzo alle cosce, si spaccava in un taglio verticale e rivelava quell'incarnato concavo, fatto apposta per la misura e l'ingordigia della nostra boccalingua, tenero e molliccio, rosa e finanche rosso chianina, e dolce oh quanto dolce!, così spudorato per definizione e così esoterico, a noi ci pareva subito chiaro che quell'altro linguino che noi maschi avevamo fra le cosce doveva pur servire a qualcosa. Pensavamo succhiando fichi. Solo dopo un sacco di tempo, nell'aprile del 1985, senza essere arrivati a capo dell'enigmatico 'qualcosa', io e Rach3 decidemmo di arrenderci alla sua inutilità e di schiacciarci reciprocamente con un cocomero primizio quella deludentissima seconda lingua, tanto finché non si staccò.

Per solidarietà io mangiai la sua e Rach3 la mia, e fu lì che scoprimmo la bontà infinita dei datteri.