sabato 29 marzo 2008

Catechesi

Come tutti gli italiani su questa Terra, italiani all'estero ivi compresi, anche io sono stato un agnello del Signorino. Un periodo di pura felicità, dagli otto ai diciotto anni circa, ma così tanta che, a ricordarla, il cor mi si spaura. Tutto iniziò in modi oscuri che non posso certo ricordare ma sicuramente continuò quando io, curioso come non mai, scoprii che, con la scusa degli spirituali abbracci fraterni che concludevano ogni sessione di catechismo, si poteva avvolgere in maniera impudica le polpose forme femminili e, più spesso che no, toccare pure il - si astengano i pii - didietro. Purtroppo, tutto questo - passatemi il termine - ben-di-dio si dové interrompere sul far della maturità con la scoperta di una gravità insormontabile, oserei dire burocratica: il sempre temuto Gesù Cristo, si arrivò a scoprire, era un mentecatto reo di essersi addirittura cambiato il cognome - l'impronunciabile (è dittongo o iato?) ma poetico Dio - nel più popolare Cristo. Andò così: deciso di cambiarsi il cognome, quello che, viste le rimostranze sul cognome, da ora in poi nomineremo solo come Gesù, non sapeva quale altro scegliere. Allora si affidò al caso, che alla sua epoca ancora si chiamava fede. S'affacciò alla finestra e scelse di assumere, come cognome, la prima parola che avesse mai visto. Passò un camion di netturbini palestinesi che sul vano ribaltabile recitava "Cristo che puzza!", solo che il "che puzza!" s'era sbiadito nel tempo mentre "Cristo" no. La ragione è che quella parola era stata scritta con un pennarello Uniposca, indelebile sì ma quasi finito e difatti finì del tutto alla "o" di Cristo", e il resto fu invece compilato con olio di palissandro.
Ecco, in sintesi, la ragione del mio abbandono della spiritualità. Un po', pur tuttavia, mi dispiacque, soprattutto per aver perso tutti i grandi SE che tale frequentazione mistica includeva. Il fatto è che fra le assidue frequentatrici c'erano Simona Evangelisti e Sandra Evangelisti (autogooglatevi, autogooglatevi!). Parenti, dite? No, siete fuori strada. Le due sorelle amavano compensarsi, nel fisico e nello spirito. L'una sfoggiando un - qui mi date la scomunica - sedere che, a forza di stare seduto per suonare l'organo in chiesa, aveva assunto la tipica forma del mandolino. Si dice che Stradivari ne stia ancora studiando, invano, il gioco di rimandi sonori interni. L'altra sfoderando, sul davanti, un paio di campane che il Duomo non ce l'ha mica così poderose. Solo che noi, fin da piccolini, le preferivamo Simona, il cui - ahia, già vi sento! - culo pareva promettere oro, incenso e mirra. Ci avevamo fantasticato tanto su quella caverna buia e inesplorata che, alla fine, a otto anni eravamo già sicuri corrispondesse alla geografia del paese dei balocchi e, a diciotto, ne eravamo convinti finanche di più.

Invece no, se pulito (non è mai detta), andava solo inculato. Quando mi capitò, fece pure male e fu una delusione infernale.

venerdì 14 marzo 2008

Gori il videotecario

















Era sempre all’altezza della situazione
aggiornato ci mancherebbe
e spesso in anticipo sui tempi;
a volte pareva il futuro messo in piedi lì [oggi,
e sarebbe bello pensare
che nel futuro ci sarà mai tale e tanta [moralità.
Mentre collezionava l'utile e il disutile
univa sarcasmo e buffoneria
grand-guignol e ironia cinica;
di spavalda goliardia spolverava i suoi [cimeli.
Tra un fumetto e una buaccaesse,
nuova e registrata in sp
(l'lp, ah che naïf, non sapeva come [attivarlo),
mai orfani di numeri e cataloghi,
con lui la morte faceva le fusa al Cluedo,
l'autentica solitudine si accompagnava,
ah gli ossimori e la dialettica non eran per [lui,
alla disperata critica di quella
balorda della condizione umana.
MA.
Ma, ciò appena detto sopra, valga senza
il volgo conio del comune disprezzo.

L'afflato resta: certo che putivi murire
doppo avermi prestato tutte
le tue buaccaessine dolci e tenarine.