domenica 24 maggio 2009

La vera storia di Alice Miller, affettatrice di fica

[Alice Miller, psicanalista e saggista, nata in Polonia nel 1923, si è occupata prevalentemente di psicologia dell'età evolutiva e degli esiti negativi che gli abusi psicofisici inflitti ai bambini, in particolare all'interno della famiglia, comportano nella crescita e nell'età adulta.]

La Polonia del 1923 era davvero povera. Reduce da una grave carestia di polonio, il metalloide volatile che ha preso il nome dal quasi suocero di Amleto senza che la querelle sul motivo di questa transustanziazione sia tuttora stata risolta, e affetta strutturalmente dalla mancanza dei consimili bismuto e tellurio, quelli che vaccinano contro la scarlattina, non se la passava proprio bene questa nazione orribile che ha dato i natali a papi e astronomi della più bell'acqua ma, codarda, non ha fatto nulla per fermare l'insorgere di quella guerra sola igiene del mondo che va sotto il nome di World of Warcraft né, vigliacca, ha boicottato quell'atto di imperio che va sotto il nome di Shoah, e meno male altrimenti addio a capolavori del cinema come Schindler's List e Porky's III - La rivincita. Insomma, se avete visto il film Il pianista di matrimoni, avrete sicuramente capito com'era la situazione della Polonia al tempo in cui nacque Alice Miller, esattamente la stessa in cui si trova oggi, in tutto il mondo, soltanto il Belize: 'può andare pure peggio'. La piccola Alice, nata senza il trigemino, senza una scapola e col cuore al posto del cervello senza che per questo il cervello fosse in automatico al posto del cuore ma purtroppo affetta da "elefantiasi della fica tanto che in pratica la neonata risulta essere un buco con come-l'avete-chiamata-ah-sì-con Alice intorno" (così si legge nel referto ufficiale dell'epoca, una in cui i medici facevano sul serio non come oggi, e già qui, a stare attenti, si può notare il suo essere in anticipo sui tempi avendo in pratica messo in atto ciò che la Nestlé avrebbe inventato, con le Polo, soltanto decenni dopo), invece se la passava piuttosto bene, vivendo tutta per le adorate bambole cui mangiava il capo salvo rivomitarlo sotto forma di cavolfiore (ciò che i medici non le avevano potuto ancora diagnosticare, causa mancanza dell'appropriata tecnologia, era la famosa anomalia dei "succhi gastrici che manco Chernobyl") e riannodarlo alla bell'e meglio al corpo. Un'infanzia felice, addirittura troppo dato che rischiava di assestarsi sui binari della più perfetta e sottovuoto contentezza, allorquando il padre e lo zio, già adepti della setta del Tao, intervennero e pensarono bene di equilibrare il karma chameleon del mondo ricordandole quanto fosse stata fortunata a nascere tanto fica, e per contrasto facendole capire che avrebbe potuto nascere esteticamente balorda e che dunque se il bene esiste è perché c'è anche il male, così come la bellezza fa il paio con la mostruosità e gli slip con i boxer. La costrinsero, contro tutta la sua volontà egoistica di bambina fatta per una vita da fiaba, a fare del bene per gli altri, e nella fattispecie, dopo averle slargato fino all'impossibile l'orifizio ficoso (quando si accorsero che l'elasticità infantile di questo tendeva pressoché all'infinito, non si trattennero dall'esclamare lo stupore: "fico!"), a privarsi di tanta ficaggine, mandandola per le strade non già a elemosinare o a prostituirsi, 'come fanno tutte le schifose troiacce di questo mondo' si sentirono in dovere di aggiungere, bensì a elargire ciò che il Creato le aveva abbondantemente elargito a sua volta. Fu così che Alice, prima ancora di saper parlare e di aver capito cosa i due adulti le avevano in realtà praticato ('uno stupro, ma di quelli buoni, tutto apposto, niente di grave'), si trovò nuda per i vicoli più sordidi ad affettare sé stessa e la propria voragine di carne, peli e sangue per risolvere l'annosa questione della fame nel mondo. Piccola e innocente, non poteva ancora sapere cos'è la Sindrome di Stoccolma e però quella agì lo stesso tanto che lei, da vittima non consenziente, si trasformò in una paciosa e solerte affettatrice di fica a tempo pieno e pienamente convinta dell'utilità del suo operato. Tanto più che la gente ricambiava l'affetto visto che lei tagliava fette generosissime, specie dopo essersi accorta che la sua fica aveva un'altra preziosa anomalia: come la coda delle lucertole, si rigenerava e rigenerava, ogni volta pure più florida di prima. Ci prese tale e tanto gusto che ormai le veniva naturale affettare fin là dove la carne sta per finire, con mosse da abile samurai (Toshiro Mifune, prima di interpretare Rashomon e vincere la Coppa Volpi come miglior attore al Festival di Venezia, passò un anno sabbatico con lei) e arrivando proprio a ridosso dell'osso, senza mai però scalfirlo, fatto, questo, che gli mise contro gli affamati avventori fiorentini, ma i fiorentini, si sa, non tollerano che loro stessi. Meno male che in Polonia nel 1923 di fiorentini ce n'era solo uno, un certo Dante che aveva smarrito più la cognizione del tempo che la retta via e il cui esilio stava però per finire e così alé, una scocciatura in meno per la mitica Alice. Si racconta, a tal proposito, un aneddoto sul loro incontro: Alice che gli avrebbe detto "Pussa via" e questo poetastro che, solo per essere erudito e sapere le lingue, avrebbe fatto finta di capire "Pussy" e l'avrebbe tirata lunga con questo equivoco parlandole peraltro, a lei polacca e ancora analfabeta, solo in dolce stil novo. C'era insomma tanta di quella povertà, in quella Polonia lì già citata, che Alice iniziò a dar via come il pane quella sua fica così proteica, fino a che non si mise in combutta con un pizzaiolo altoatesino naturalizzato nazdorovje che, amante di Paperino, si faceva già chiamare McDonald e che non sapeva fare la pizza ma in compenso faceva degli sfilatini appena mediocri: da allora iniziò a darla via col pane, un cambio semantico mica da ridere. Purtroppo, un brutto giorno che coincise con la fine della Repubblica di Weimar (la Storia non viene mai per caso), osando forse troppo nella sfilettatura o distratta non è lecito dire da cosa, Alice ci andò giù pesante e si tranciò di netto il clitoride, scoprendo che la magia era tutta in quel grillettino. Per volerne capire di più, si buttò sui libri e scoprì che un certo Froid, in quegli anni suoi lì, aveva finanche dato un nome a tale magia: libido. Il nome le piacque così tanto che decise di non vendere più fica (già, perché nel frattempo aveva messo in piedi un vero e proprio esercizio commerciale -"Crescere a pane e fica, con Alice & McD. si scherza mica"- anche se senza licenza) e di darsi alla psicanalisi. Si trasferì a Dachau e si confuse con la massa di studenti che se la raccontano tanto ma che alla fine vanno a studiare il come e il perché si ha sempre voglia di infilare il cicciolo nella cicciola, non riuscì mai a superare l'esame di Piscopatologia dell'Età Evolutiva II, neanche dandola al Rettore della Polonia tutta (unica volta in cui si è concessa un tuffo nel suo glorioso passato per poi pentirsene), infine la Storia ha fatto perdere le sue tracce.

Purtroppo l'anagrafe la dà ancora vivente.

domenica 17 maggio 2009

Il calcio

Lo sport io l'ho sempre seguito per compiacere gli altri, genitori o amici ritardati che fossero. Per vocazione sono infatti per discettare senza requie della crisi concettuale della ragion pura così come postulata da Heidegger nel secondo volume dei quattro dei Fratelli Karamazov regalati (uhm, ricordo sicuramente male) a suo tempo da "Famiglia Cristiana", o per approfondire ad aeternum il codicillo relativo alla transustanziazione contenuto come omaggio ai lettori più affezionati nel Topolino -una rarità!- numero 1345, però poi questo vorrebbe dire dare il la a tanti soliloqui dei soliloqui e alla lunga, si sa, il rimuginare fra sé è ancora sé può portare alla pranoterapia, senza considerare che io sono uno di poche parole e che le mani mi piacciono fredde come la morte che infiniti addusse lutti agli achei. Per questo, e solo per questo, ovvero perché se la montagna stupida non può andare dal profeta saggio è il profeta illuminato che deve andare dalla montagna cretina, ho accettato negli anni l'umiliante pratica di abbassarmi alle esigenze -che vi devo dire: mediocri, sempre davvero mediocri- degli altri e mi sono ob torto collo (lo prendevano per torcicollo, tsé!) piegato al loro ascolto, con stupenda e del tutto disinteressata generosità. "Smetti di parlare di cinema e vedi di farti piacere il calcio, altrimenti ti facciamo inculare da ottomila algerini con l'Aids", mi si poteva berciare contro, per dire (erano tempi in cui il sistema non permetteva si scherzasse, mica come oggi); e io, prima ancora di domandare se fra quegli ottomila algerini ci stava che ci fosse qualche comparsa de La battaglia di Algeri, filmone di Gillo Pontecorvo che ora siamo quasi al climax e non è il momento di divagare, io -dicevo- che non ho mai assecondato le minacce se non quando queste minacciano e che pur se borbotto sono poi di larghe vedute e propenso al dialogo fraterno fra gli esseri umani tutti (spastici compresi, quindi figuriamoci un po'), nonché magnanimo come solo un deus ex machina sa essere, accettavo indefessamente, senza mai fallire una volta che fosse una, con una piaggeria che, oserei dire, si situava al confine fra l'osceno e il Texas. Non solo, dunque, ho prima detto sì al calcio e no alla droga (che pure a quel tempo già m'aveva fatto dipendere dalle sue derive e dai suoi maelström), calcio seguito a ruota dallo sport in genere come metafora post-moderna dell'agone di una volta, quello da balia che pungeva come pochi, ma ho finito per appassionarmici proprio. Se non era il calcio che seguivo, presto imparando a memoria tutte le mosse possibili e immaginabili, lecite e illecite, da quella del barbiere all'arrocco in L3 che Kasparov s'inchinò non appena la inventai per caso, era il ciclismo, e così via all'infinito con tutti gli sport esistenti su questo mondo triste e macilento che alla fine scoprii poter riassumere in poche macro-categorie: tre per l'esattezza, il calcio, il ciclismo e, ma questo solo in Inghilterra perché là si reputano tutti un po' più speciali, il soccer, che da noi potrebbe essere tradotto come il sócc'mel ma non è stato ancora importato.

Riassumendo perché il tempo è tiranno, la morale è questa: giocato, Fantacalcio, vinto, vinto tanti soldi, vinto tanti soldi ai danni dei miei amici, vinto tanti soldi ai danni dei miei amici che pure vivevano per il calcio mentre io no anche se poi quasi sì ma mai del tutto sì come loro, amici incazzati, amici ex, loro picchiano me, io picchiato da ex amici, picchiato a tutto spiano, ragazzi datevi alla droga.