martedì 31 ottobre 2006

A quattro anni.

Nel 1984 avevo quattro anni, specialmente dopo il 20 settembre - ore 2,40 antelucane.
Già, mi pare, ero togo come adesso.
Sguardo fiero da teppa di chi sa che, presto o tardi, l'Euronics avrà qualcosa da temere da te; postura impettita; aria spavalda; berrettino dispettoso. Il corpettino ratto e tosto.

Giusto un accenno della perfezione del cerchio ai miei piedi: accenno su cui, ça va sans dire, non cresce erba; il radioso sole del domani a riverberare l'intorno del suo inossidabile fulgore. C'è chi giura che quella è l'esatta tonalità del colore "crepuscolo degli dei", in quel caso ovviamente alle mie spalle. Io, il gotterdammerung, manco so che esiste.
Una grana da dagherrotipo nostalgico, con funzione di: memento mori. Voialtri, beninteso. Un lampione isolato: la solitudine altrui. Una banlieue ancora troppa spoglia: non mi merita.
E, accanto, un coglione che crede che il mondo cada ai piedi di chi indossa golfini lisergici a lische di pesce orizzontali. Puah!: maniche rimboccate e lampo fino al gozzo, questa è la cura.








Nel mirarmi al posto di guida, ricordo come fosse ora la comodità panciolla dei sedili di quella Centoventisei bianca, la mia prima automobile. Mio fratello vicino, a ondivagare di bambine e pubertà come poi mai, e - cosa vedo? - i due freak Arbus forzatamente in primo piano. Col senno di poi, munifico come solo i grandi uomini sanno essere, sorrido a denti stretti e li perdono.