sabato 3 aprile 2010

La frutta fa bene











Nel gennaio del 1985 ero ancora di molto monello, ovvero:
1) se mi scappava mentre stavo giocando la trattenevo finché non dicevo stronzate;
2) se mi scappava mentre stavo giocando la trattenevo finché, invece che scappare, poi la birichina la dovevo stanare io;
3) nel dicembre 1984 avevo smesso di credere a Babbo Natale perché avevo scoperto che era il mi' babbo travestito e poi, per par condicio, alla Befana, anche se non avevo ancora scoperto che era il mi' pizzicagnolo Carlotta en travesti;
4) piuttosto che lavarmi i denti mi nascondevo sulla Luna. Non avete idea di com'è simpatica e solare, la Luna;
5) piuttosto che mangiare la frutta e la verdura mangiavo la chianina a 40 euro al chilo e una tartare di branzino;
6) ascoltavo Rachmaninov al mattino e lo correggevo alla sera.
Tutto questo popò di inferno non poteva continuare a lungo e, dopo tanto arrovellarsi, nel febbraio del 1985 i miei genitori si trovarono tutti e cinque d'accordo per una risoluzione drastica: 'Tu ora la frutta la mangi, figlio di troia!' Fui talmente rapito dall'ardito convolvere delle loro argomentazioni che mi decisi a dar loro retta: 'Passi per la frutta, troiai che non siete altro, ma la verdura ve la mettete nel culo!'. E non sto qui a dirvi come s'incastravano ravensburgerianamente quei ciuffetti odorosi di sedano alle loro mele tutto sommato ancora giovani e ardimentose. E fu così che, molto lentamente, nel marzo del 1985, al mattino con Rach3 intavolavo già filosofici cippirmerli sulla bellezza e la necessità di due specie in particolare, altro che tuttifrutti: il cocomero e il fico. Del cocomero entrambi apprezzavamo il fatto che a marzo ancora non lo avremmo mai potuto conoscere e quindi non ne parlammo più, anche perché tutto, pure il cocomero, scompariva di fronte al nostro favorito: il fico, e chiaramente intendo il fico di specie mulingiana. Bello come il sole e coriaceo, traslucido e d'un nero perlaceo, scuro di peli, l'esterno. Eppure, quando la conformazione del succulento frutto, così tipica e così simile a quella del topino che c'aveva (c'avrà ancora, immagino) la mamma in mezzo alle cosce, si spaccava in un taglio verticale e rivelava quell'incarnato concavo, fatto apposta per la misura e l'ingordigia della nostra boccalingua, tenero e molliccio, rosa e finanche rosso chianina, e dolce oh quanto dolce!, così spudorato per definizione e così esoterico, a noi ci pareva subito chiaro che quell'altro linguino che noi maschi avevamo fra le cosce doveva pur servire a qualcosa. Pensavamo succhiando fichi. Solo dopo un sacco di tempo, nell'aprile del 1985, senza essere arrivati a capo dell'enigmatico 'qualcosa', io e Rach3 decidemmo di arrenderci alla sua inutilità e di schiacciarci reciprocamente con un cocomero primizio quella deludentissima seconda lingua, tanto finché non si staccò.

Per solidarietà io mangiai la sua e Rach3 la mia, e fu lì che scoprimmo la bontà infinita dei datteri.

3 commenti:

Acidshampoo ha detto...

Buona pasqua, carissimo. Occhio che al Pam vicino a casa tua è stata avvistata una partita di uova di pasqua alla diossina.

Fontina Boy ha detto...

Vai, vado subito a finirgliela!
Grazie dell'avviso.

Ma tu che combini, non torni più?

Acidshampoo ha detto...

A proposito di Babbo Natale. Io lo scoprii ben presto che era il mi babbo. Per Natale si vestiva da Babbo Natale e mi portava i regali. Solo che a casa mia le cose le hanno sempre fatte al risparmio, sicché era vestito da Babbo Natale solo dal collo in giu, la testa era la sua.