domenica 15 febbraio 2009

L'invito














Sono
stato
testimone
attivo
di un
invito formale
giunto per
le vie
anonime
della rete.

Hanno
chiesto
di me
prima in una
poi in molti
senza sapere
chi fossi o
cosa facessi

chiedendo
solo
elemosinando
notti e
letti
sconosciuti
il tutto
sotto la mia
incondizionata
approvazione.

Sono
stato
testimone
attivo
di un
amore impossibile
ratificato
via e-mail.

Hanno
chiesto
di me
per necessità
bisogno
urgenza
disperazione

sperando
di trovare
una persona
gentile o
al massimo
disponibile
non una
sola e
affetta
da mancanza
di comunione
umana.

Sono
stato
testimone
attivo
di un
incontro insperato
passato
al setaccio
delle chat.

Hanno
chiesto
di me
e mi
hanno
trovato

riuscendo a
scoprire
cosa nasconde e
cosa permette
la solitudine
come si può
avere freddo
in una
giornata d’estate
come si può
non essere per
paura o
vigliaccheria o
depressione.

Sono
stato
testimone
attivo
di quanto pesa
il cenare
in piedi
per fare presto
prima e
non far aspettare
chi non ti aspetta

di quanto pesa
il cenare
in piedi
con il buio fuori
perché
apparecchiare
per sé
non ha bellezza
non ha senso.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Stavo per dirti che questi versi mi avevano colpito parecchio:

"riuscendo a
scoprire
cosa nasconde e
cosa permette
la solitudine
come si può
avere freddo
in una
giornata d’estate"

Ma sono stati messi in ombra da questi altri:

"Sono
stato
testimone
attivo
di quanto pesa
il cenare
in piedi
per fare presto
prima e
non far aspettare
chi non ti aspetta"

Per me la tua miglior poesia, di sicuro quella che ho "percepito" di più, che ha toccato le mie corde. Bellissima sul serio e senza scherzi.

Fontina Boy ha detto...

Mi fa molto piacere; pur nata abbastanza di fretta e di istinto, come tutte le mie poesie del resto, l'ho fatta decantare poi e ci ho rimesso anche le mani. Sarà questo o sarà non so cosa, ma anche io la avverto come fra le mie più riuscite e sentite. Grazie!

Anonimo ha detto...

Un unico consiglio (ma posso sbagliare). Se scrivi "rete", "chat", "email" forse contestualizzi troppo. Non so, non sono termini che mi fanno impazzire in una poesia giocata su certi toni come questa, ma magari è un problema mio. E' come quando in un film con una regia classica inquadrano il monitor di un pc. Stavi vedendo un film, improvvisamente guardi un desktop. Lo trovo sempre dissonante.

Fontina Boy ha detto...

Questo è un commento azzecatissimo; in linea di massimo, sento lo stesso disagio che provi tu, anche e soprattutto nei film (ma forse anche questo è un problema mio). Su carta avverto meno la distanza fra il contingente reale e la sua rappresentazione, però qualcosa resta. Non è tanto la contestualizzazione nel mio caso, ma proprio la dissonanza che questo cortocircuito di universalità (della poesia, di un film) e di bassa quotidianità crea. Però, a pensarci bene, ormai diamo per accettato il telefono, ma magari non il cellulare perché troppo recente, idem con televisione o computer/desktop ("Il cartaio" fa eccezione eh!), e via dicendo. Insomma, non saprei. Questa poesia nasce anche proprio per questa realtà on-line che tutti stiamo vivendo, e per questo mi sembra più giustificato il ricorso a quei termini, però valuterò se cambiarli.

Anonimo ha detto...

Nel cinema, il cellulare lo vedo perfettamente integrato (anche se Moretti scelse di far telefonare tutti da telefoni fissi ne La Stanza Del Figlio), non mi da noia. Non è l'oggetto in sé nel cinema che mi da dastidio, ma la cosa che non sopporto è quando in un film bisogna "leggere" continuamente qualcosa sullo schermo. Che sia, nella finzione, su un monitor o in un display o sul giornale o su dei cartelli. "Leggere" è un'azione puramente anti-cinematografica, che quando è reiterata la odio. Ricordo un film tremendo, Shriek, talmente girato in economia che le gag erano tutte cartelli da leggere che suonavano assurdi (tipo i nomi di varie aule della scuola in cui era ambientato). Battute del tenore di quelle de Il Silenzio Dei Prosciutti, quando c'era un tipo che scappava col malloppo e incocciava in un cartello stradale che segnava a sinistra la direzione per New York, a destra "Prendi i soldi e scappa!!!".

Fontina Boy ha detto...

Ah, ora capisco meglio; in effetti leggere al cinema non è il massimo, proprio per niente. Tranne nel cinema muto ovviamente, lì magari sì (ma se sono troppe, le didascalie, sai che palle).